Testimonianze
Filippo De Pipis
In una giornata piovosa nell’Ottobre del 1952 ebbi occasione di conoscere Jean Calogero presentatomi da un comune amico. Mi sottopose per ricevere una mia opinione una sua monografia dalla quale ho dedotto che il suo talento e la sua opera artistica potranno avere una risonanza mondiale.
GINO SEVERINI “ Ici Paris" (1953)
Ho conosciuto Jean Calogero nel 1947 anno in cui lo stesso si stabilì a Parigi proveniente dalla sua Sicilia. In occasione di un incontro avvenuto nel mio studio mi sottopose alcuni suoi disegni, tempere e qualche pittura fatta su cartone perché mi disse che non aveva le possibilità economiche di dipingere su tela. Volle il mio giudizio e poiché notai molto il suo talento, lo rassicurai sulla sicura riuscita del suo avvenire e rendendomi conto delle sue condizioni molto disagiate, lo incoraggiai narrandogli la mia odissea iniziata nel lontano 1910 contro la fame assieme ai miei amici Picasso, Modigliani, Soutine, Kisling e tanti altri. Lo indirizzai presso qualche galleria e ricordo ancora oggi il suo pallore e lo scoraggiamento scomparvero perché notò in me un fraterno amico.
FRANÇOIS C. TOUSSANT (1958)
Calogero … il suo nome musicale sembra derivare dall’alterazione della parola calligrafica. Questa può essere la definizione migliore del suo stile. Da quando lo spazio sovrappopolato può entrare nella vita solo tramite autoaffermazione e tecnica accurata, Calogero non ha mai usato la netta e austera linea di una architettura esistente. Ma la sua linea è lontana dall’essere insignificante. È come se vedesse attraverso una finestra appannata o riflesso in uno stagno increspato dal vento. Ma bisogna fare un paragone tra la fila modellata dei pilastri delle chiese italiane e le severe colonne classiche, per vedere che la visione di Calogero aumenta.
PATRIZIA CALOGERO
Jean Calogero: tanti ne hanno parlato, ne parleranno, lo ammirano. Altri lo contestano: l’artista, il surrealista … Per me, soltanto mio padre.
E una fortuna “vivere” un artista. Da adulta, oggi, comprendo l’eccezionalità di quello che, da piccola, consideravo normalità.
Io penso che artista non sia un modo di essere: artisti si nasce.
Sin da bambino mio padre aveva evidenziato una particolare inclinazione per il disegno e ne era attirato in maniera incredibile, mi diceva. Sentiva il bisogno di imprimere (indistintamente con gessetti colorati o carbone) e trasferire la sua arte ovunque capitasse: sui muri, per terra, sui quaderni scolastici, su pezzi di lenzuola rubati alla mamma. […]
GIUSEPPINA RADICE
L’affermazione di Goethe circa le sue poesie che avrebbero tutto il carattere di una grande confessione è ulteriormente rafforzata da Hegel per il quale l’essenza dell’arte consiste nel portare l’uomo di fronte a se stesso. E un artista che si pone di frontea se stesso non può fare a meno di visualizzare la sua vita che prepotentemente emerge in personali formecolori segno della sua vitalità artistica: la ricerca della forma può avere successo soltanto se è condotta come ricerca di contenuto, scrive Arnheim.
Quando l’immaginazione diventa produttiva? Quando le forme diventano significanti? Significanti di che cosa? Di che cosa esse si sostanziano?
NICOLÒ D'ALESSANDRO
Uno degli elementi poco sondati nella vasta letteratura e nella fortuna critica del Maestro Jean Calogero è sicuramente la componente ironica dei suoi temi sempre diversi e sempre uguali tra l’assurdo e il quotidiano. Attua un gioco delle parti, un ribaltamento del conosciuto, un rovesciamento del comune senso logico tra il naturale e l’artificiale. L’aspetto ironico, preminente elemento nella fenomenologia dell’arte contemporanea, diventa linguaggio paradossale quando Calogero affronta l’assunto metafisico della realtà..
LAVINIA SPALANCA
All’età di 25 anni, dopo una breve parentesi romana in compagnia di Guttuso, il pittore catanese Jean Calogero si trasferisce a Parigi, dove riceve il battesimo dell’arte assumendo, in seguito a numerosi riconoscimenti, il definitivo nome di Jean Calogero. Interiorizzando la lezione impressionista e le ricerche avanguardiste, l’artista matura la sua ricerca espressiva dando prova di un’assoluta originalità, nella trasfigurazione estetica del proprio vissuto esistenziale. Gli anni trascorsi all’estero sono dunque fondamentali per la bildung del pittore, che a partire dagli anni Cinquanta darà forma al suo immaginario: un carnevale solo cromaticamente gioioso, coi suoi enfants musiciens invasi da una miriade d’oggetti colorati, dalle trombette ai copricapo di cartapesta, dalle biglie di cristallo agli acquari popolati di pesci informi; un teatro cristallizzato dal tempo perché «se tutto è veramente cambiato» – come scrive il conterraneo Vitaliano Brancati – «nel carnevale sembra che tutto si ritrovi e torni al punto di partenza». […]