Paolo Giansiracusa

“Quando dipingo, mi metto davanti alla tela ed è come se mi chiudessi in una bolla di cristallo. Comincia un viaggio attraverso l’immaginazione e non so dove mi porterà …”.

In questa espressione di Jean Calogero è racchiuso il segreto della sua pittura. Ogni acrobazia critica che cercasse di spiegare l’artista al di fuori di questa traccia, di questo pensiero, compirebbe l’errore di tradire il suo messaggio poetico.

Il mondo magico di Jean Calogero, fatto di spazi concretamente vissuti e di luoghi incantati che appartengono al sogno, è una”realtà parallela a quella che cogliamo con gli occhi”.

L’artista dipinge con lo stesso sentimento da sempre anche se le variazioni formali ed espressive, scontate là dove il fare è l’esercizio dell’intelligenza, potrebbero far pensare diversamente. Fin dalle prime opere del dopoguerra, pastose nel colore caldo dei nudi e nelle figure malinconiche dei circhi, si sente forte il legame con la pittura moderna europea e in particolar modo con quella francese. […]

Il soggiorno francese offre all’artista la possibilità di immergersi nel ritmo veloce dell’arte presente e di vedere i luoghi della memoria in maniera sublimata. Lontano dalla sua Aci Castello, lontano dalle città care ai viaggi della sua fantasia, a Parigi, mentre gli occhi e la mente vagano liberi tra le luci dei boulevards, l’ala del sogno vola leggera sulle cupole di Montmartre ed ecco affiorare l’Etna come una nuvola azzurra, gli scogli dei Ciclopi tra gli aranci profumati e le architetture complesse e articolate dei fichidindia, Venezia con i suoi palazzi galleggianti sull’acqua e i ponti acrei, popolati di figure, sospesi tra il mare e il cielo. Alla stessa maniera quanto torna in Sicilia, nella terra dei miti, nella sua oasi di pace di fronte al mare dei Malavoglia, ai piedi della montagna di fuoco coltivata a limoni, leggera, candida riemerge Parigi con la Madeleine, il Sacré Coeur, il Moulin Rouge,la Place dell’Eroile e l’Arc de Triomphe, il Boulevard Des Capucines. E nei flutti della passione ecco anche Venezia col suo Palazzo Ducale, la Ca’ D’Oro, il Canal Grande e le regate col bucintoro pesci forme, agile come una mongolfiera azzurra in gara con un cavallo bianco scattante, imprendibile come le immagini dei sogni. Lo stesso dicasi per Roma con le fontane berniniane, ampie e invadenti, e le chiese barocche, luminose sotto l’arco del Sole.Jean Calogero “viaggia” di continuo, mescolando le immaginidei luoghi vissuti nel tunnel dei sogni, guidando l’essere in altrelocalità, in città presenti e in città della memoria intrecciate dietro la spinta dei suoi sentimenti, delle sue sensazioni. […]

Gli stili dell’architettura vengono rimodellati con un nuovo codice e tutte le città del mondo sono assemblate in un singolo, originale, ibrido urbano. […]

I sogni colorati di Jean Calogero hanno origine nei suoi scarabocchi; i suoi viaggi immaginari sono racchiusi in quegli appunti grafici che va tracciando di continuo su frammenti di giornali, su ritagli di cartoncino, su fogli sparsi di agende e quaderni. L’Artista annota ovunque le sue idee compositive, le terma sulla carta nell’attesa che si carichino di contenuto, di colore, di materia. Poi quando il lievito dell’immaginazione imbocca il tunnel del sogno le figure tracciate con semplicità diventano presenze consistenti, gli spazi appena abbozzati si trasformano in protonde prospettive. Alla stessa maniera, le architetture indefinite assumono identità e costruiscono i luoghi urbani della memoria. Ad Aci Castello, più di ogni altra città, sono dedicati i suoi calori squillanti, le sue riflessioni grafiche, anche se il cuore e lamenté, […]

spesso sognano Parigi, Venezia e le grandi capicl europee. Da autentico surrealista Calogero, nei suoi percorsi pittorici, parte sempre da una realtà concreta, da un luogo profondamente vissuto. Ogni volo cromatico tra gli arlecchini e le architetture, tra i cavalieri e le muse, tra gli ombrelli festosi e le marine luminose, ha una origine emotiva che scaturisce ora da Aci Castello o da Parigi, ora da Venezia o da Roma, ma sempre in quegli spazi di vita a cui il cuore è profondamente legato. Nel “rapimento” poetico però ogni riferimento spaziale perdei suoi connotati iniziali e anche là dove il Sacré Coeur, San.l’Agnese in Agone, le rocce basaltiche … sembrano voler rappresentare luoghi conosciuti, la pittura racconta di una citta ideale che ha le cupole parigine, le fontane romane, i canali veneziani, il cielo e il mare della costa acese. [..] 

Lo scoglio acese, come Pienza e Urbino nei sogni pittorici degli artisti del Rinascimento italiano, diventa “pista di atterraggio” per una città ideale. Ideale appunto, inesistente sulla terra ma viva nella visione poetica di Jean Calogero. Come ne “Le città del mondo” di Elio Vittorini (1950), con le giuste differenze per le implicazioni politico-sociali che caratterizzano l’opera dello scrittore siracusano, Calogero, contrariamente a quello che si può pensare, non vuole assolutamente evadere non vuole uscire dall’autentico, vuole semmai trovare le radici più profonde della nostra esistenza. Ritrovarle e confermarle in una visione, in una immagine di civiltà, la sua possibile, che è diversa da quella presente. Con questa immagine il pittore ristabilisce gli equilibri nei rapporti umani, l’armonia primordiale tra la società degli uomini e gli spazi della natura. Tanta luce cromatica e tante presenze felici non potrebbero rivelare un messaggio diverso.