François C. Toussaint

Calogero … il suo nome musicale sembra derivare dall’alterazione della parola calligrafica. Questa può essere la definizione migliore del suo stile. Da quando lo spazio sovrappopolato può entrare nella vita solo tramite autoaffermazione e tecnica accurata, Calogero non ha mai usato la netta e austera linea di una architettura esistente. Ma la sua linea è lontana dall’essere insignificante. È come se vedesse attraverso una finestra appannata o riflesso in uno stagno increspato dal vento. Ma bisogna fare un paragone tra la fila modellata dei pilastri delle chiese italiane e le severe colonne classiche, per vedere che la visione di Calogero aumenta. In realtà Venezia gli ha insegnato tutto questo. I paesaggi della Concorde, di Roma o di Venezia, seguendo il nostro occhio mai immobile, danzano sempre un lento, allegro e garbato minuetto molto simile a quello dei palazzi riflessi nei canali e nelle fontane. Sempre mutevole e versatile Calogero si ritiene maestro di ogni tecnica e di ogni mezzo. I suoi dipinti non sono mai sovraccarichi di ornamenti: rilievo di stucco per i palazzi, superfici piatte per i fiori, stupenda trasparenza di vetro, magnificenze di pietre e gioielli a volte poste in vasi; delicati, quasi femminili contorni con ponti si fondano in una armoniosa linea orizzontale. Questo alternarsi, questa prodigalità, questa padronanza dei colori e delle forme danno la sensazione di toccare il vero quadro … Guardando ad uno ad uno i suoi dipinti (o meglio a diversi) si può scommettere che l’arte sensibile e alquanto sensuale di Calogero sia sostenuta da una forte abilità di artista che dà al suo mondo una freschezza che sembra quasi naturale in quel momento. Così, nella sua orchestrazione finale, questo mondo strano e barocco, pieno di vita, fatto di memorie, e forse di presentimenti, è così esatto nella sua dissertazione che i più severi classicisti lo invidierebbero. Questo è il motivo per cui questo mondo affascina il critico perspicace nella stessa maniera di un sensibile amatore.